domenica 25 agosto 2013

Quel luogo non poteva essermi più estraneo, ma avrei voluto essere là

Da che mi ricordo ho progettato viaggi, avventure e banchetti fin da bambina. 
Sdraiata sul pavimento della mia camera sfogliavo il National Geographic, rimanendo le ore a guardare quelle foto patinate. Le immagini che più mi rapivano però non erano quelle di esotici paesaggi o di siti archeologici. Erano foto di persone in luoghi sperduti della terra.

Una che ricordo in modo particolare è di un villaggio dell'India centrale, dove una donna avvolta in un sari turchese era intenta ad accendere un fuoco sopra il quale vi era appesa una pentola annerita. Incantata ricordo di aver ispezionato attentamente la misteriosa pietanza color ocra che cuoceva al suo interno. Quel luogo non poteva essermi più estraneo, ma avrei voluto essere là a sentire l'onore della legna bruciata, ascoltare il fuoco scoppiettare e assaggiare il cibo che mi sembrava essere il più delizioso che potessi immaginare. Quella foto per me era la porta verso un altro mondo, altri colori, altri sapori.

Oggi, dopo tanti anni dal primo momento in cui nasce dentro di me l'idea di un viaggio, ad animare la mia curiosità e a stimolare la mia fantasia non è soltanto le cose che vedrò e che visiterò. A stuzzicare le mie aspettative oltre ai monumenti e ai paesaggi, sono anche i piatti che mangerò. Per questo la prima cosa che faccio appena arrivo in un posto nuovo è buttarmi per le strade, intrufolarmi tra la gente, curiosare tra i mercati e poi rallentare il passo e annusare l'aria perché mi piace provare ad immaginare attraverso gli odori cosa starà assaporando chi vive li.

Oltre a questo amo mettermi a caccia del "miglior ristorante". Ma a guidare la mia ricerca non sono solo i suggerimenti di una buona guida, perché per "migliore ristorante" non intendo il più costoso o il più alla moda. Intendo quello che meglio interpreta la cucina locale, che la rappresenta nella sua forma più autentica, genuina e gustosa in modo che attraverso i piatti della tradizione del posto in cui sono, riesco a conoscere il popolo, si svela e mi racconta la sua storia, scoprendo gli ingredienti mi racconta il territorio e godendo dei suoi profumi e dei suoi sapori riesco a dialogare meglio e alla fine per magia si riesce persino a comunicare pur parlando lingue diverse. 

Può sembrare strano ma più si va a cercare, scoprire e provare prodotti locali più si contribuisce anche alla loro sopravvivenza.
Viviamo in un periodo dove purtroppo per noi la globalizzazione sta cancellando le produzioni locali, prime fra tutte le più piccole. Lo scenario che si prospetta e che da Roma a Dakar, da New York a Rio de Janeiro si mangeranno le stesse cose, bisogna darsi da fare per scongiurare questo disastro dovuto alle cattive abitudini dei "non viaggiatori" quelli che rinunciano alla scoperta delle cucine del posto per banalissime, impersonali e ovvie proposte internazionali rinunciando alla storia e alla poesia.

Spero e mi auguro che questo mio scrivere sia da stimolo per chi mi legge per alimentare la curiosità e di aiuto a mettere sempre più gusto nei propri viaggi. 
Io dal canto mio non mi stancherò mai di andare a scovare i "migliori ristoranti". Non mi stancherò mai di assaggiare nuovi piatti in nuovi luoghi. Non mi stancherò mai di tornare in posti dove sono già stata per riassaggiare piatti che proprio non riesco a dimenticare.

Vorrei che queste parole fossero una piccola finestra spalancata sullo sconfinato, variegato e molteplice panorama delle cucine del mondo.

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