mercoledì 28 agosto 2013

Viva il brunch del weekend

Dormire fino a tardi senza rinunciare al dolce piacere della colazione e all'abbondanza di un pranzo completo. 
I piatti perfetti da preparare per un brunch con gli amici

French toast
pancarré
3 uova
200 ml di latte
5 fragole
30 gr di burro
il succo di 1/2 arancia
1 bustina di vanillina
2 cucchiai di zucchero
1/2 cucchiaino di cannella
noce moscata qb

In una teglia sbattete le uova con il latte, la vanillina, la noce moscata, il succo di arancia, la cannella e lo zucchero. Inzuppate le fette di pane in questo composto e rosolatele in una padella con un po’ di burro e olio. Servite i toast caldi, accompagnati da una macedonia di fragole condite con zucchero e limone.

Blueberry muffin
1 uovo
250 gr di farina
250 ml di latte
3 cucchiaini di lievito per dolci
125 gr di mirtilli
125 gr di zucchero
60 gr di burro
un pizzico di sale

Mescolate le uova con lo zucchero, aggiungete il burro fuso, il latte e la farina mescolata con sale e lievito.
Prima di incorporare i mirtilli o l’uvetta (per il cioccolato non è necessario), infarinateli e uniteli all’impasto mescolando delicatamente.
Imburrate e infarinate circa 12 stampini da muffin e riempiteli di impasto per circa 3/4. Fate cuocere in forno a 180° per 20 minuti.

 
Pancakes
due cucchiai di zucchero
180 g di farina bianca 00
1 cucchiaino di lievito in polvere
un pizzico di sale
tre uova
250 ml di latte
125 g di ricotta fresca
burro fuso per spennellare
sciroppo d’acero
mirtilli freschi

In una ciotola setacciate la farina insieme al lievito, al sale e aggiungete i due cucchiai di zucchero.
In una seconda terrina sbattete (non montate) i tuorli (conservando gli albumi) insieme al latte fino a quando saranno amalgamati. Formate una fontana nella ciotola con la farina e versatevi all’interno il composto con i tuorli mescolando con una spatola. Incorporate poi la ricotta mescolando con cura.
Montate gli albumi a neve ferma e incorporateli con movimenti dall’alto verso il basso alla pastella a base di tuorli.
Scaldate una padella antiaderente e spennellatela con un po’ di burro.
Versate un mestolo scarso di pastella nella padella creando delle frittelle circolari che farete cuocere finché non saranno ben dorati. Procedete in questo modo fino ad esaurimento della pastella, avendo cura di spennellare di tanto in tanto la padella con il burro fuso.
Servite i pancake caldi insieme allo sciroppo d’acero e ai mirtilli freschi.

Eggs Benedict
Le Eggs Benedict sono un piatto composto da un muffin inglese tagliato a metà, condito con bacon, uova in camicia e salsa olandese.
 Per 4 persone
quattro uova
quattro fette di pane
quattro fette di bacon,
un cucchiaio di aceto di vino bianco
olio d’oliva
sale e pepe
Per la salsa olandese:
100 gr di burro
un cucchiaio di farina
due tuorli
succo di un limone
un bicchiere d’acqua bollente
sale e paprika

Preparate la salsa olandese facendo fondere in una casseruola una noce di burro e un cucchiaio di farina quindi bagnate con l’acqua bollente; lavorate bene la salsa in modo che non si formino grumi.
Aggiungete i tuorli e mescolate bene, poi incorporate gradatamente il burro ammorbidito continuando a montare la salsa.
Infine profumate con il succo di limone.
Preparate le uova in camicia in acqua acidulata con l’aceto, nel frattempo fate tostare le fette di pane. Saltate le fettine di pancetta in pochissimo olio d’oliva.
Al momento di servire le Uova Benedict disponete sui piatti le fette di pane, quelle di pancetta poi le uova, infine coprite con la salsa olandese e una spolverata di paprika.

Focaccia al rosmarino
Per l’impasto
una patata
350 gr di farina
un cubetto di lievito di birra
2 cucchiai di olio
50 gr di burro
acqua tiepida qb
sale
zucchero
Per la salamoia
acqua
olio
sale
rosmarino

Schiacciate la patata e mescolatela insieme alla farina, il lievito, un pò d’olio, burro, sale ed un pizzico di zucchero. Aggiungete poi un pò di acqua tiepida ed impastate per bene il tutto.
Mettete poi a riposare il panetto ottenuto riponendolo in una tortiera che avrete unto d’olio per almeno 40 minuti.
In una tazza preparate una salamoia mescolando con un dito d’acqua l’olio e il sale.
Versate la salamoia sulla focaccia che sarà, nel frattempo, lievitata ed aggiungete il rosmarino.
Mettete a cuocere la vostra panfocaccia in forno ventilato a 200° per circa 30 minuti.

 Crespelle ai funghi
 Per le crespelle:
due cucchiai di farina bianca
un uovo intero
un tuorlo d’uovo
250 ml di latte
una grattatina di noce moscata
un pizzico di sale
Per il ripieno:
600 g di funghi
due cucchiai di prezzemolo tritato
due cucchiai di olio di oliva
uno spicchio di aglio
sale q.b.
300 ml di besciamella
200 g di formaggio tipo fontina
200 ml di panna
50 g di burro
due cucchiai di parmigiano grattugiato
foglioline di maggiorana

Frullate latte, uova, farina, noce moscata e sale e riscaldate bene il padellino ungendolo con poco burro.
Versatevi tre cucchiai di pastella ruotando il padellino in modo da ricoprire bene il fondo.
Dopo un minuto, infilando una spatola di legno sotto la crespella, rigiratela e cuocetela per pochi secondi. Fate poi scivolare la crespella su di un piatto e mano a mano che sono pronte mettetele una sull’altra e fatele raffreddare.
Nel frattempo pulite bene i funghi e fateli saltare in una padella con l’olio, il prezzemolo e un spicchio d’aglio.
Aggiungeteli poi alla besciamella in cui avete sciolto il formaggio.
Mescolate bene aggiungendo la panna in modo che il composto risulti bello cremoso. Spalmate su ogni crespella un po’ del ripieno ai funghi, poi piegatela in quattro.
Adagiate le crespelle in una pirofila imburrata sovrapponendole leggermente, versateci sopra la besciamella ai funghi avanzata, aggiungete dei fiocchetti di burro, cospargetele con il formaggio grattugiato e infornate a 180 gradi per circa 15 minuti.

La cosa a cui tengo di più è la libertà da qualunque costrizione

Abbiamo tutti troppe cose, sono sicura che vivremmo meglio con meno oggetti e parlando di denaro attribuisco il valore del semplice strumento. Nessun altro. 

Mi sono accorta che serve poco per vivere. Quasi tutto quello che faccio, quello che mi interessa e fa parte della mia vita, costa poco. Non mi servono macchine ultimo modello, case a Cortina, vestiti alla moda, non ho bisogno di alcun oggetto particolare per essere felice. 

La cosa a cui tengo di più è la libertà da qualunque costrizione, sono sempre stata così.
Amo poter perdere tempo, poter perdere tempo con mio nipote, mia sorella, con mia mamma e mio papà, amo poter fare due passi di danza con mio marito così senza un perché, e stare con gli amici veri.

Questo tuttavia non è il mondo dei sogni. Si può sognare stando nel mondo così com’è, come cerco di fare, come fanno molti. Per questo quasi tutto quello che faccio con passione è in vendita.

Vendo i miei lavori di pittura, vendo le mie torte, i miei biscotti, un giorno forse affitterò casa, vendo quel che so fare, cucinare e dipingere e poi ogni tanto scrivo. Se non mi servissero per vivere, non vorrei soldi per quel che so fare. Regalerei e inviterei tutti gratis. Chi mi conosce lo sa. 
Se avrò fortuna lo farò.

Però sono orgogliosa di questo schema di vita. Non provo alcun rimorso o vergogna. Vergogna la deve provare chi sostituisce la gioia vera con quella fittizia del consumismo, chi non si emoziona per una frase scritta su un libro o chi non ascolta. Vendere quello che so fare per essere libera è una bella storia. Più bella di quando lavoravo, guadagnavo, avevo un ruolo sociale più definito. Quella vita mi piaceva, ma non ero libera e poi la conoscevo troppo.

Una delle cose che dico a tutti è: “Devi festeggiare un avvenimento importante? oppure devi dipingere qualcosa? Chiedi un preventivo. Io ti organizzo un aperitivo, un una cena in terrazzo, un tea party in un giardino, un picnic in riva a un fiume sarà tutto sorprendentemente magico e pieno di poesia e per quanto riguarda la pittura ti dipingo per la metà”. A me che un prezzo sia alto o basso, giusto o ingiusto, non mi interessa. Non mi devo arricchire. Mentre cucino e mentre dipingo penso molto, e dunque sto bene. Faccio i miei lavori con calma, e cerco di farli bene. Se qualcuno risparmia il cinquanta per cento e io guadagno qualcosa, va bene così. E’ una nuova economia. Tempo contro denaro. E vince sempre il tempo. Cioè la vita vera.

L’unica certezza della nostra esistenza è che moriremo e questo dovrebbe essere il più potente motore per darci la carica. Sul resto si può discutere. Dovremmo temere solo questo appuntamento fatale, e invece siamo pervasi dalla paura di sconvolgere il nostro provvisorio equilibrio. Dovremmo apprezzare quel che c’è, perseguire la conoscenza, accumulare esperienze, cercare l’equilibrio interiore e l’armonia, godere di noi stessi e delle relazioni con gli altri… e invece no. L’unica cosa che non torna indietro è il tempo e noi lo sprechiamo tra paure e incombenze inautentiche. Lo riempiamo, non lo utilizziamo. Lo schema fisso che tutti seguiamo (lavorare, consumare, sprecare) è un rimedio alla paura di morire: teniamo occupata la mente per non pensarci.

Contro la paura, bisogna scoprire che si può vivere con poco, oltre lo schema "lavoro, guadagno, spendo".

Le paure diffuse sono tante, e si tratta di sentimenti comprensibili. Ci siamo attrezzati per affrontare un certo tipo di vita, adeguandoci a uno schema preciso, senza alzate d’ingegno, senza grilli per la testa, senza creatività. Non siamo una generazione di innovatori ma di esecutori, un po’ come questa non è un’epoca di invenzioni ma di applicazione di invenzioni precedenti. Il salto innovativo è stato fatto decenni fa con il computer; ora lo si deve far lavorare, trovando il modo di sfruttarlo al meglio. Lo stesso è avvenuto sul piano sociale. L’innovazione è stata il benessere diffuso, sorretto dal consumo. Ora bisogna pigiare al massimo su quell’acceleratore. Non c’è un’ipotesi alternativa. Tant’è che nessun politico immagina una vita diversa. Anche la sinistra è preoccupata del calo dei consumi.

Neppure la paura più ancestrale, quella di morire di fame, può ritenersi fondata. Oggi di fame da questa parte del globo "nessuno muore". Le altre sono tutte remore psicologiche, dettate dall’insicurezza e dalla caducità delle speranze. Spesso le paure si presentano associate in un cocktail che immobilizza. 
Il loro effetto principale è che ci impietriscono. Quando riescono a bloccarci, costringendoci a fare ogni giorno le cose di sempre, senza idee, senza cambiare mai, il loro obiettivo è raggiunto. Non sto parlando del timore che ci assale quando dobbiamo attraversare un ponte pericolante. In quel caso si tratta di buon senso: se il ponte dovesse cedere, cadremmo nel vuoto e moriremmo. Le paure del cambiamento non sono così. Se provo, comunque, non muoio. Anzi, se provo morirò comunque, come è scritto, ma non ora. Dunque perché non tentare? Perché non tentare almeno parzialmente, trovando una via intermedia, saggiando il terreno in modo graduale?

Ecco che la paura comincia a cedere. Un po’ come quando proviamo ad assaggiare sulla punta della lingua una pietanza che temiamo non ci piaccia. Quella convinzione ci immobilizza, ma se facciamo almeno il gesto di provare, la paura scricchiola, la pietanza potrebbe piacerci, l’immobilità potrebbe sciogliersi in un progresso. Per me è andata così. Fatto qualche passo, il mio ponte si è rivelato più solido del previsto e l’ho attraversato. Non solo. Dopo anni che vivo “dall’altra parte del fiume” non sono ancora morta, e non ho progetti imminenti a riguardo. “Di là dal fiume e tra gli alberi” la vita è anche difficile, anche dura, ma dà molto senso alla mia vita averci provato. Morirò anche io, certo, ma senza alcun rimpianto verso le scelte di vita che ho avuto a disposizione. Forse, per questo, morirò di meno.

domenica 25 agosto 2013

Quel luogo non poteva essermi più estraneo, ma avrei voluto essere là

Da che mi ricordo ho progettato viaggi, avventure e banchetti fin da bambina. 
Sdraiata sul pavimento della mia camera sfogliavo il National Geographic, rimanendo le ore a guardare quelle foto patinate. Le immagini che più mi rapivano però non erano quelle di esotici paesaggi o di siti archeologici. Erano foto di persone in luoghi sperduti della terra.

Una che ricordo in modo particolare è di un villaggio dell'India centrale, dove una donna avvolta in un sari turchese era intenta ad accendere un fuoco sopra il quale vi era appesa una pentola annerita. Incantata ricordo di aver ispezionato attentamente la misteriosa pietanza color ocra che cuoceva al suo interno. Quel luogo non poteva essermi più estraneo, ma avrei voluto essere là a sentire l'onore della legna bruciata, ascoltare il fuoco scoppiettare e assaggiare il cibo che mi sembrava essere il più delizioso che potessi immaginare. Quella foto per me era la porta verso un altro mondo, altri colori, altri sapori.

Oggi, dopo tanti anni dal primo momento in cui nasce dentro di me l'idea di un viaggio, ad animare la mia curiosità e a stimolare la mia fantasia non è soltanto le cose che vedrò e che visiterò. A stuzzicare le mie aspettative oltre ai monumenti e ai paesaggi, sono anche i piatti che mangerò. Per questo la prima cosa che faccio appena arrivo in un posto nuovo è buttarmi per le strade, intrufolarmi tra la gente, curiosare tra i mercati e poi rallentare il passo e annusare l'aria perché mi piace provare ad immaginare attraverso gli odori cosa starà assaporando chi vive li.

Oltre a questo amo mettermi a caccia del "miglior ristorante". Ma a guidare la mia ricerca non sono solo i suggerimenti di una buona guida, perché per "migliore ristorante" non intendo il più costoso o il più alla moda. Intendo quello che meglio interpreta la cucina locale, che la rappresenta nella sua forma più autentica, genuina e gustosa in modo che attraverso i piatti della tradizione del posto in cui sono, riesco a conoscere il popolo, si svela e mi racconta la sua storia, scoprendo gli ingredienti mi racconta il territorio e godendo dei suoi profumi e dei suoi sapori riesco a dialogare meglio e alla fine per magia si riesce persino a comunicare pur parlando lingue diverse. 

Può sembrare strano ma più si va a cercare, scoprire e provare prodotti locali più si contribuisce anche alla loro sopravvivenza.
Viviamo in un periodo dove purtroppo per noi la globalizzazione sta cancellando le produzioni locali, prime fra tutte le più piccole. Lo scenario che si prospetta e che da Roma a Dakar, da New York a Rio de Janeiro si mangeranno le stesse cose, bisogna darsi da fare per scongiurare questo disastro dovuto alle cattive abitudini dei "non viaggiatori" quelli che rinunciano alla scoperta delle cucine del posto per banalissime, impersonali e ovvie proposte internazionali rinunciando alla storia e alla poesia.

Spero e mi auguro che questo mio scrivere sia da stimolo per chi mi legge per alimentare la curiosità e di aiuto a mettere sempre più gusto nei propri viaggi. 
Io dal canto mio non mi stancherò mai di andare a scovare i "migliori ristoranti". Non mi stancherò mai di assaggiare nuovi piatti in nuovi luoghi. Non mi stancherò mai di tornare in posti dove sono già stata per riassaggiare piatti che proprio non riesco a dimenticare.

Vorrei che queste parole fossero una piccola finestra spalancata sullo sconfinato, variegato e molteplice panorama delle cucine del mondo.

martedì 6 agosto 2013

Visitare, conoscere e amare "Le Perigord et ses Salades"

Visitando la Francia uno dei miei migliori ricordi è legato al sud ovest della Francia e propriamente a le Perigord.

Con il termine Perigord, si indica una zona geografica del Sud Ovest della Francia e che grossomodo corrisponde alla Dordogna, uno dei dipartimenti nei quali è suddivisa la regione dell’Aquitania. A sua volta, il Perigord è diviso in quattro aree differenti: Perigord Rouge, Perigord Blanc, Perigord Noir e Perigord Vert.

Non si può comprendere e apprezzare la Dordogne-Périgord senza amare la natura e non si può non venire nel Périgord senza visitare Sarlat e la vallata della Dordogne, famose per i paesaggi pittoreschi di Castelnaud e Limeuil, che recano il marchio di “Plus beaux villages de France”, e i castelli medievali di Beynac e Castelnaud.

Non dimentichiamo poi che la Dordogne è la terra dei 1001 Castelli.

Come dicevo, Rouge, rosso, è la zona intorno a Bergerac e deve il suo nome ai pregiati vini prodotti nelle sue storiche cantine e al colore delle foglie dei vigneti i pampini in autunno; Blanc, bianco, ha Riberac come centro principale e la bella e candida pietra calcarea come prodotto tipico, da cui il nome. Noir, nero, per i fitti boschi di querce, ha la cittadina di Sarlat la Caneda come capoluogo; infine il Perigord Vert, così chiamato per i suoi pascoli che, grazie alla presenza di numerose sorgenti sotterranee ed al clima mite, restano verdi per tutto l’anno.

Se non bastassero i suoi paesaggi, i suoi pittoreschi villaggi e la sua storia millenaria a farci sognare di visitare questa bella parte di Francia, il Perigord ha un’altra carta da giocarsi: la sua gastronomia.

Non solo foie gras e tartufi neri, che già da soli basterebbero, ma anche i meravigliosi salumi di suino "Cul Noir" così come di cinghiale, di cervo o di oca e anatra; formaggi di vacca, pecora e capra; fragole dolci, succose e profumate come non se ne trovano più; noci tenere e saporitissime dalle quali si estrae un olio davvero ottimo e poi i vini, famosi ed apprezzati in tutto il mondo, come i rossi e i bianchi di Bergerac o il dolce e dorato Montbazillac, compagno ideale e praticamente inseparabile del foie gras. La vicinanza con il Limousin e i verdi pascoli del Perigord Vert, forniscono una delle carni bovine più apprezzate al mondo, a pari merito con la nostra Chianina.

Nel ricco menù perigordino, les salades, le insalate, occupano un posto di tutto rilievo. Costituiscono l’entree di pranzi o cene di più portate, così come il piatto unico di un pranzo o una cena leggera. Praticamente ogni bistrot o table d’hote le propone. Le principali e più frequenti sono la Salade perigourdine, la Salade de gesiers de canard e la Salade de chevre chaude, quest’ultima non di origine perigordina, ma comunque molto diffusa, come nel resto della Francia, e qui proposta con gli ingredienti tipici della zona.

Non si tratta di vere e proprie ricette, piuttosto di suggerimenti su come utilizzare al meglio alcuni dei meravigliosi prodotti del Perigord.

Soprattutto per quanto riguarda la Salade perigourdine, si possono variare le lattughe, possono esserci o meno i pomodori o la pancetta rosolata, anche il foie gras non sempre è compreso, ma di sicuro non devono mancare il magret de canard séché, affumicato o meno, le noci e l’olio di noci. Il magret de canard séché, è uno dei salumi tipici della regione e altro non è che petto d’anatra messo dapprima sotto sale e poi fatto stagionare da pochi giorni ad un massimo di tre settimane con pepe ed altre spezie a scelta. Ne esiste anche una versione farcita di foie gras, che è di una bontà indescrivibile. Piuttosto facile da fare anche a casa a patto di avere un filetto di petto d’anatra di ottima qualità e cicciottello.

Magret de Canard séché fait maison
1 petto d’anatra
di circa 300 g
500 gr di sale grosso
1 cucchiaio di pepe

macinato fresco
spezie ed erbe aromatiche

a scelta, facoltative
Versate uno strato di sale in un contenitore poco più grande del petto d’anatra, adagiatevi la carne con la pelle in basso e coprite con il resto del sale. Chiudete il contenitore con il suo coperchio e con della pellicola e riponetelo nella parte meno fredda del frigorifero. Il tempo di salatura varia da 12 a 24 ore a seconda del peso del filetto e dal gusto che si vuole ottenere. Per un filetto di 300 g ed un gusto non troppo salato, 12 ore sono più che sufficienti. Trascorso questo tempo, togliete il petto dalla saltura e strofinatelo con un panno pulitissimo per eliminare tutto il sale. Ricopritelo completamente con il pepe macinato, premendo delicatamente con le mani per far aderire bene il pepe alla carne, ed adagiatelo su un panno asciutto e pulito. Cospargetelo con le spezie e le erbe scelte, (per me pepe rosa e timo), ed avvolgetelo nel panno. Fatelo stagionare in frigorifero, nella parte meno fredda, ma non nel cassetto della verdura, perché troppo umido. Anche il tempo di stagionatura varia a seconda del prodotto che si vuole ottenere e consumare: può essere gustato già dopo 48 ore, se si desidera una carne ancora rossa, morbida e umida, oppure attendete fino ad un massimo di tre settimane se si vuole una carne più secca e stagionata. Al momento di utilizzarlo, affettatelo non troppo sottile e gustatelo accompagnandolo da pane fresco o tostato ancora caldo, composta di fichi o fichi freschi o anche sottaceti.

Come dicevo, il magret de canard séché, è il principale ingrediente della Salade perigourdine, composta da lattuga, meglio se una misticanza, condita con una vinaigrette di olio di noci, aceto di vino rosso - (per me un aceto di vino Bordeaux invecchiato un anno in botti di quercia) e sale, sulla quale vengono disposte fettine di magret, noci e crostini di pane. Per una versione più lussuriosa una fetta di foie gras adagiata su del pane di campagna tostato è il massimo! Se poi vogliamo strafare, due lamelle di tartufo nero, quando è stagione, non ce le faremo certo mancare.


giovedì 4 aprile 2013

Vi racconterò di un viaggio...

Tutto è cominciato quando mi resi conto che soffrivo di stanchezza diffusa, noia quotidiana, ira improvvisa, e si... ero arrivata al capolinea....troppo lavoro...dovevo trovare un rimedio... possibilmente un rimedio poetico, avevo bisogno di qualcosa...ma, di cosa?!...ma, certo!...di un annuncio!:
- «Cercasi disperatamente giorni di vacanza».Avevo deciso che la mia vita aveva bisogno di fermarsi e soprattutto avevo bisogno di riposo ma, questo non bastava volevo partire con il mio Principe Ranocchio ma, lui è un osso duro.

All’annuncio non rispose, avevo atteso giorni, settimane e niente, lui non mi stava a sentire, e soprattutto non si sentiva in dovere di soccorrermi.

Provai allora con un nuovo annuncio: - Cercasi disperatamente compagno di viaggio per recarsi sull’isola che non c’è». Mi rispose subito lui: - «Principe Ranocchio, bello e generoso offre servizio baci per salvare bella donzella, generosa e buona per offrirle ottimo soggiorno in Hotel nel Bel Paese dei Balocchi». Accettai immediatamente e ci incontrammo il giorno stabilito...

Fu una grande sorpresa...immaginavo fosse lui o meglio ci speravo tantissimo...

Ero certa che fosse lui il mio Principe… lo riconobbi subito vedendolo arrivare da lontano dal suo bel portamento baldanzoso e dalle sue gambette slanciate, e man mano che si avvicinava da quel suo splendido sorriso...si presentò con un bel bouquet di matite colorate belle a punta e con una maschera sul viso...un attimo di attesa...e poi...appena tolta la maschera... ci fu l’ennesimo colpo di fulmine.

Dopo generosi abbracci e baci fui travolta da un passo di danza a due...tra piroette e casquet...fui letteralmente trascinata dalla passione.

Adesso volevamo partire e molto di più volevamo anche rinnovare la nostra promessa d’amore.

Annunciammo a tutta la famiglia della nostra decisione di partire, tutti ne furono entusiasti e vollero aiutarci nella ricerca di dove andare a trascorrere la nostra piccola vacanza: Mamie arrivò con un ritaglio di giornale dove c’era scritto: «Affittasi appartamentino in mezzo alla foresta con vicino miniera: 7 posti letto e angolo cucina da riordinare. Aria pulita e animali a vista»; Papà aveva trovato un monolocale, struttura in mattoni, completa di camino con difesa antilupo, Cristina e Flà una splendida casa di pan di zenzero con serramenti in marzapane, tetto di panna montata e porta di canditi adatta a due bambini supergolosi e ghiottoni, la Nonna ci offrì un compagno di viaggio: un grillo parlante come coscienza per bambini incoscienti, Luciano e Velia trovarono un ottima offerta ma, che fu subito acquistata: affitto campo dei miracoli per coltivazione zecchini d’oro, ma, il pensiero più tenero arrivò da Tommy, il nostro nipotino, ci regalò le briciole di pane di Pollicino da utilizzare come segnapercorsi e soprattutto per ritrovare la strada di casa.

Alla fine contattammo l’Agenzia Matrimoniale «Principesse e Principi Ranocchi» che offriva castelli romantici con panorama di tutte le fiabe e scegliemmo di andare a Parigi la città degli innamorati...

Scegliere il mezzo di trasporto fu un impresa tra: carrozza con tiro a otto cavalli neri per importanti balli al castello, zucca trasformabile in carrozza a due posti con sedili vellutati, passaggio gratuito su rondine per viaggio nel mondo delle persone piccole, era veramente difficile scegliere, alla fine optammo per lo stivale delle sette leghe per viaggi comodi e veloci...e in men che non si dica giungemmo a PARIGI, BELLA e ROMANTICA, come non mai. Arrivammo di mattina era fine primavera, quando le nuvole si inseguono e si specchiano nella Senna nelle giornate ancora fresche, preludio di un’estate dolcissima seduti ai tavolini dei bistrot di Saint Germain des Prés godemmo della bella giornata.

Una leggera pioggerella improvvisa ci diede il benvenuto... ricordo che dissi: «Siamo fortunati!!!, in uno dei miei film preferiti (Sabrina), la protagonista si augurava di vedere Parigi con una leggera pioggerellina questo perchè i platani dei giardini, bagnati dall’acqua emanano un odore particolare che profuma tutta la città».

Piove... improvvisamente... e i tetti di Parigi s’accendono di un lucido sfavillio. Non une grandeur de roi, ma un angolo sperduto che si riveste di gaia dignità, frizzante, sfuggente giocoso.

Su tutto la musica de «La vie en Rose», cui la pioggia si accorda e lontano all’orizzonte, uno sguardo di rosa intenso che dissolve ogni modernità mentre un esprit bohemien svela per un momento la sua latente, eterna esistenza.

Un istante di pioggia basta a Parigi per un arcobaleno, pennellate di joie de vivre sui capricci di un cielo bizzarro e sulle note di una canzone senza tempo dedicata a tutti gli innamorati.

Questo fu il nostro ingresso a Parigi.

LA VIE EN ROSE
Des Yeux Qui Font Baisser Les Miens
Un Rire Qui Se Perd Sur Sa Bouche
Voila Le Portrait Sans Retouche
De L’homme Auguel J’appartiens
Quand Il Me Prend Dans Ses Bras,
Il Me Parle Tout Bas
Je Vois La Vie En Rose,
Il Me Dit Des Mots D’amour
Des Mots De Tous Les Jours,
Et Ca Me Fait Quelques Choses
Il Est Entre Dans Mon Coeur,
Une Part De Bonheur
Dont Je Connais La Cause,
C’est Lui Pour Moi, Moi Pour Lui
Dans La Vie Il Me L’a Dit,
L’a Jure Pour La Vie,
Et Des Que Je L’apercois
Alors Je Sens En Moi,
Mon Coeur Qui Bat...
Des Nuits D’amour A Plus Finir
Un Grand Bonheur Qui Prend Sa Place
Les Ennuis, Des Chagrins S’effacent
Heureux, Heureux A En Mourir


LA VIE EN ROSE
Occhi che fanno abbassare i miei
Un sorriso che si perde sulla sua bocca
Ecco il ritratto senza ritocchi
Dell’uomo a cui appartengo
Quando mi prende tra le sue braccia
Mi parla piano
Io vedo la vita in rosa,
Lui mi dice parole d’amore
Le parole di tutti i giorni,
E in me questo provoca qualcosa
Lui è entrato nel mio cuore,
Una parte di felicità
Di cui conosco la causa,
Lui è per me, e io per lui
Nella vita lui me l’ha detto,
L’ha giurato, per la vita,
E da quando me ne sono accorta
Allora io sento in me,
Il mio cuore che batte...
Notti d’amore a non finire
Una grande felicità prende il suo posto
I fastidi, i dispiaceri si cancellano
Felice, felice da morire.

Camminammo abbracciati, stretti, stretti sotto ad un piccolo ombrello rosa, ci ritrovammo su Pont d’Arcole il famoso ponte della scena finale del film «Tutto può succedere» con le torri di Notre Dame sullo sfondo.

Di là di Pont d’Arcole, sulla Rive gauche passeggiammo e curiosammo tra Les bouquinistes, le bancarelle di stampe e libri di seconda mano, ogni tanto ci fermavamo a godere dello spettacolo dell’Ile de la Cité, il cuore di sempre di Parigi. Di fronte alle bancarelle, il nostro Albergo piccolo e delizioso....ci aspettava RICCIOLI D'ORO la quale curiosamente portava una strana parrucca turchina, ci spiegò che era stata nominata aspirante fata, tutto sommato non le stava male, ci assegnò una camera in stile assolutamente parigino con letto a baldacchino con 20 materassi di seta e scaletta d’oro e con ahimè pisello incorporato, il caminetto acceso dava calore e la camera era perfetta per coppie innamorate, le finestre e il balconcino si affacciavano sulla superba Cattedrale di Parigi.

Dopo un bellissimo bagno di schiuma con “Bagnoschiuma Arruffapiume” della «Brutti Anatroccoli» ci vestimmo per uscire e continuammo la nostra passeggiata.

Intorno a Notre Dame, ad ogni angolo si vive l’emozione dei luoghi della storia di Parigi. La Crypte Archéologique, con reperti celtici della Parigi di 2000 anni fa; la Sainte-Chapelle voluta nel 1248 da Luigi IX per accogliere la corona di spine di Gesù; la Conciergerie ovvero la prigione della rivoluzione del 1789 dove furono detenuti la regina Maria Antonietta, Danton e Robespierre in attesa della ghigliottina oltre ad altri prigionieri illustri. Point Zero, davanti a Notre Dame è invece il punto in cui si misurano tutte le distanze riferite a Parigi: calpestatelo e tornerete a Parigi.

Da Notre Dame continuando a passeggiare a St-Germain-des-Pres, il quartiere che negli anni Cinquanta del Novecento fu degli intellettuali, degli scrittori, dei letterati. Oggi in boulevard St-Germain non passeggiano più Hemingway, Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir ma sono rimasti i café e le brasserie che frequentavano, così piacevoli e così belli. Tra i Cafè storici, c’è Les Deux-Magots, frequentato a inizio ‘900 da poeti come Rimbaud e pittori come Picasso, e il più prestigioso di tutti, il Le Flore, il cafè degli intellettuali come Sartre e Camus. Il tempo seduti ai tavolini sembra non passare mai, tra una lettura, un piatto di coq au vin (galletto al vino), una conversazione e quell’atmosfera che solo Parigi sa regalare!

«Tutti dovrebbero avere la fortuna di vedere Parigi», La Ville Lumiere. Se poi si riesce anche ad avere la fortuna di entrare a cenare in una famosa brasserie quale Le Grand Colbert, il quadro è perfetto; un locale Bella Epoque, perfetto per un incontro romantico. Assolutamente proustiano, l’atmosfera fin de siècle che si mastica è incredibile.


Ed ecco sul più bello spuntare fuori il grillo che amorevolmente ci aveva regalato la Nonna: «non è un pò troppo caro questo posto?» - «vi porto io in un bel posto!!! Proprio qui vicino! Da un mio vecchio amico!!! Il più grande Chef di Parigi ve lo assicuro. Lo dice anche il più assiduo frequentatore del locale nonchè il più potente critico inflessibile gastronomico di Parigi, Anton Ego, pensate...Può creare la reputazione di un ristorante o distruggerla con una sola recensione» - «La vera cucina è questione di sperimentazione, di coraggio, di curiosità. Si tratta di mescolare ingredienti inediti e dare vita a nuove (e magari non sempre riuscite) sintesi, come spiega Remy, il mio grande amico chef» «VI PORTERO’ DA RATATOUILLE!!!, CHE NE DITE?». «Cosa possiamo dirti...CHE CI AVEVI CONVINTO DA -«Non è troppo caro questo posto?». Dopo una bella risata una sbirciatina qua e là, salutammo gentilmente e poi...Di corsa ad assaporare le delizie dei piatti cucinati da Remy. Piatto forte: la ratatouille, da cui prende il nome il locale.

 

Ratatouille
Un altro classico francese, che nella reinterpretazione di casa mia ancora oggi preparo in estate, quando la varietà di verdure adatte è più ampia e ha tutto il sapore dell'estate. Cucinandola una volta, ne preparo a sufficienza per tre pasti. Del tutto priva di grassi, la ratatouille sembra ugualmente ricca grazie al sugo che producono le verdure. Un segreto per ottenere il massimo del gusto, fattela cuocere adagio, adagio.

Ingredienti
1,5 kg. di pomodori
1,5 kg. di zucchine
1,5 kg. di melanzane
8 spicchi d'aglio
prezzemolo
basilico
timo fresco
Sale e pepe macinati al momento
Olio extravergine di oliva
Prezzemolo, basilico e timo fresco per guarnire

- La prima versione si serve a temperatura ambiente come minestra.
- La seconda versione, che riutilizza quanto avanzato dalla prima, si serve come contorno per il pollo o per la carne in genere.
- La terza versione, che riutilizza quanto avanzato dalla seconda, si usa per guarnire la pizza, creando un ottimo piatto unico o un antipasto.

Versione A
1. Utilizzate quantità identiche di pomodori, zucchine e melanzane. Lavate e tagliate a fette spesse le verdure.
2. In una pentola grande a fondo spesso, formate alcuni strati di verdura disponendo prima le melanzane, poi i pomodori e infine le zucchine. Ripetere fino a quando la pentola è piena fino a quasi il bordo, aggiungendo fra uno strato e l'altro qualche spicchio d'aglio, un po' di prezzemolo, basilico e timo. Salate e pepate.
3. Coprite e fate cuocere a fuoco molto basso fino a quando le verdure risultino morbide, all'incirca 2 ore 2 ore e mezzo.
4. Lasciate raffreddare e servite dopo 20 minuti in fondine da minestra: a questo punto, infatti le verdure hanno rilasciato tutta la loro acqua, la ratatouille è più una minestra. Aggiustate di sale e pepe e insaporite con un velo di olio extravergine e una bella manciata di prezzemolo, basilico e timo tritati grossolanamente.

Versione B
1. Fate scaldare 2 cucchiai di olio extravergine e dopo averle scolate dal loro liquido (che potrete riscaldare e bere tiepido), unitevi le verdure avanzate dalla ratatouille.
2. Fate cuocere a fuoco dolce fino a quando il misto di verdure si addensa.
3. A piacere unite 1/2 tazza di formaggio grattugiato (parmigiano o qualunque varietà di vostro gusto.

Versione C
1. Comprate o preparate ( con farina, acqua, lievito e sale) la pasta per la pizza.
2. Potete sbattete un uovo con le verdure della ratatouille avanzate dalla seconda preparazione oppure unirla a una dadolata di mozzarella fresca ( meglio se di bufala).
3. Disponete il composto di verdura sulla pasta stesa.
4. Aggiungete un filo di olio extravergine e se volete anche un po' di parmigiano grattugiato e fate cuocere come una normale pizza.


mercoledì 13 febbraio 2013

Cerco posti dove trovare la calma e un ottimo caffè...

Mi è capitato di recente di rivedere uno dei miei film preferiti e mi sono soffermata a pensare a cosa dice la protagonista del film: "Ci sono posti in cui non ti può succedere niente di sbagliato" per lei, una splendida Audrey Hepburn era Tiffany a New York...per me, nell'arco degli anni mi sono accorta e sono arrivata alla conclusione che amo i musei, le pinacoteche, i chiostri interni dei conventi o i cortiletti interni di palazzi antichi, le biblioteche, i teatri, gli hotel stellati con le loro storie, insomma amo le cornici imponenti, l'aria solenne, pacata e tranquilla e mi ritrovo spesso a girare nel centro di Milano a soffermarmi a guardare l'eleganza degli edifici storici...camminare in galleria Vittorio Emanuele guardare il suo meraviglioso pavimento a mosaico, passare davanti a Savini, tutto questo mi riempie e mi fa sentire in uno stato di grazia e quando arrivo in Piazza della Scala mi emoziono a guardare il Teatro immobile.

Altra cosa che amo sono i locali tranquilli specialmente in mattinata cerco e ricerco posti dove non trovare le code, dove non ci sia rumore di stoviglie tirate fuori distrattamente dalla lavastoviglie, dove non devi mangiare il tuo croissant in piedi velocemente al banco per dare spazio poi a chi viene dopo.

Cerco posti dove trovare la calma e un ottimo caffè, un posto dove puoi permetterti a metà mattina di prenderti un vero cappuccino leggendo qualche pagina di un buon libro in estrema comodità. Adoro poi la piccola pasticceria e a volte mi faccio ispirare da alcune creazioni che vedo per poi sperimentare a casa biscotti, muffins ecc.

giovedì 7 febbraio 2013

Non amo correre, ma adoro camminare...

In questo periodo freddo si alternano giornate splendide di sole e di cieli azzurri che ti rallegrano appena apri gli occhi...Non amo correre, ma adoro camminare. La città è viva. Non la vedi da un finestrino. La senti respirare. E allora ti prende la voglia e il tempo per camminare...Ho ripreso il gusto di camminare per la mia città, Milano...
 
Mi sono accorta nuovamente di quanto è elegante, lo stile e i colori delle vetrine di moda.
A volte mi ritrovo a non guardare dove io stia andando senza dare cura all'ora.
Il richiamo del bello dell'eleganza è fortissimo e riesce a scalfire la corazza di una come me, che con la moda riteneva (falsamente) di aver chiuso parecchi anni fa..."la moda è il superfluo per eccellenza ma, è anche il più potente metodo di autostima di una donna" questa frase che mi diceva la mia insegnante di portamento e che da allora mi accompagna ma, che avevo accantonato in un angolo sperduto della memoria oggi la sento più mia di prima...una borsa giusta, un paio di scarpe perfette, un cappello possono farti sentire alle stelle.
Cammino facendo finta che di tutto ciò non mi importa nulla ma, non è così. Ecco mentre cammino e vedo colori e tessuti...immancabilmente la mia mente va all'altra mia passione...la cucina e mi sento un'artigiana dall'impalpabile farina. Amo scegliere i miei ingredienti con cura e usarli per comporre piccole e semplici pietanze che rallegrino e riscaldino il cuore di chi le assaggerà.
 
 
La moda e la cucina, almeno per me, entrambe sono assolutamente e infinitamente desiderabili. Sono entrambe espressioni del raffinato. Amo tutto ciò che valorizzi l'estetica basta restare dalla parte della semplicità e quando si tratta di abbinare una pietanza ad un piatto divento quasi ossessiva, questo fin da quando ero bambina. Sono nata e cresciuta a Milano e da grande quando posso scappo in Francia dove mi sono innamorata dei macarons e delle posate d'argento, ho sempre vissuto qui. Anche se da anni vivo fuori città, Milano la mia città orribilmente caotica e semplicemente affascinante non l'ho mai abbandonata. Né grande né piccola. L'Arte, il buon cibo, la moda, l'eleganza semplice, i ristoranti, gli hotel di lusso, mi ritrovo a commuovermi camminando in via Manzoni e mi immagino di rivedermi al tempo di Verdi e incontrarlo per strada mentre entra al Grand Hotel et de Milan...magnifiche illusioni...

venerdì 1 febbraio 2013

E in questo tempo non ho mai indossato scarpe...

Ascoltando musica jazz di sottofondo di un bel pianoforte dove i piano sono sussurrati e i forti energici i ricordi affiorano alla mente, così d'improvviso, eccoli davanti a me danzare a questo elegante ritmo...Ricordi di tanto tempo fa...

Mi ritrovo a piedi nudi in una bellissima villa, la luce è limpida e delicata oltre la portafinestra spalancata, c'è una palma da cocco che ondeggia dolcemente nella brezza, mentre le sue fronde accarezzano le colonne imbiancate di una balaustra dove seduto all'ombra del porticato Alberto abbronzato in camicia bianca di lino e freschi bermuda color caki sorseggia un drink alla frutta leggendo un libro...di tanto in tanto alza lo sguardo illuminandomi con il suo bel sorriso e con quei bellissimi e profondi occhi color piombo...immobile sul muro, un geco in bellissima livrea dorata... In lontananza montagne verdeggianti e una vasta distesa di mare azzurro con tante tonalità da farlo assomigliare ad una tavolozza di un pittore e più in la all'orizzonte, la sagoma inconfondibile delle isole di Saint Eustatius e Saba, sotto ciuffi di nuvole bianche, rosa e dorate...sono a St. Martin...in lontananza si sente musica jazz dolce e vellutata, mentre uccelli di vari colori cantano la loro melodia...
Sono nelle Indie Occidentali da pochi giorni e in questo tempo non ho mai indossato scarpe...

Teniamo due paia d'infradito di bamboo nella jeep a noleggio, per quando ci rechiamo al mercato a comprare piccole cose per noi; un formaggio particolare, del pesce incredibilmente fresco e variopinto, frutta, tanta frutta tropicale, piccoli dolci del posto, un vino fresco e frizzante da provare. Tutto qui è all'insegna della libertà e tutto qui è leggero, l'aria che odora di fiori e mare, i vestiti, le tende bianche e leggere di garza... Mi sento molto felice, Siamo molto felici...

In questi giorni l'efficientissimo maître d'hotel ci ha suggerito di cenare nella grill room dell'albergo, il primo giorno stanchi dal viaggio ci siamo andati...locale molto bello; tutto in legno dai colori sobri del bianco e blu al calore vivo di torce e di candele...un gruppo di artisti locali accompagna la bella serata con suoni caraibici...la cena servita su un terrazzo a strapiombo sul mare, sotto un immenso cielo stellato...da rimanere senza fiato...il viaggio stava iniziando...il menù sorprese per i piatti semplici e veraci della cucina tradizionale delle Vergini di Sua maestà...una cena leggera e squisita...Shrimp Creole, gamberetti conditi con spezie piccanti e scorza di lime, Lobster Salad un’insalata freschissima a base di aragosta, avocado e lime, una sogliola delicata e freschissima e infine il Plantain, un dolce a base di banane fritte e vaniglia fresca il tutto rinfrescato da due coppe di champagne francese... una serata che difficilmente dimenticheremo...

In alcuni giorni a seguire optammo per la nostra intimità e alternavamo i nostri pasti tra le Lolos, piccole baracche sulla spiaggia con barbecue, che offrivano specialità locali: cosce di pollo alla griglia, spuntature di maiale alla brace, aragoste alla griglia, il Conch, il cui guscio una magnifica conchiglia gigante rosa viene usato come decorazione e il mollusco pregiatissimo viene marinato nella crema di cocco, stufato o cotto al vapore e condito con il lime oppure cotto sulla griglia e servito su un letto di insalata...squisito, dentice alla griglia, pasticci di carne, zuppa di piedi di toro, platani fritti, johnny cake sorta di piadina, riso e piselli e ovviamente frutta fresca e birra...Cenare qui rende felici, mentre si mangia si sente la sabbia tra i piedi: grossi cuscini caldi di sabbia, con piccoli frammenti di conchiglie, resi lisci dalle onde, o quella fina, bianca e sottile...

Come dicevo ci alternavamo tra le Lolos e la bella cucina attrezzata inclusa nella villa...il piacere di cucinare prese il sopravvento...preparai piatti semplici, freschi e veloci - perché la vacanza doveva essere anche e sopratutto tempo per noi e per il riposo. Cotture rapide per preservare intatto tutto il sapore del buon cibo fresco. Prediligevo il pesce appena pescato, da mangiare la sera al lume di candela e pic-nic improvvisati e rilassanti sulla spiaggia per non staccarsi mai dal mare e la mattina avvolti nei morbidi accappatoi gentilmente offerti dall'albergo al bel tavolo sulla veranda bianca, apparecchiato con una bella composizione floreale nel centro con i piedi nudi allungati sulla superficie tiepida del pavimento iniziavamo la giornata con un vassoio stracolmo di ogni bontà, stringendo gli occhi sotto il sole dei Caraibi, sentivamo il nostro corpo risvegliarsi toccato da quei sapori che si fondevano in bocca: la papaia dolce spruzzata di lime e zucchero di canna, il burro sul pane morbido, le uova strapazzate tiepide e l'aroma avvolgente della salsa di pomodoro piccante al punto giusto il tutto illuminato dalla splendida vista del mare del golfo, il rincorrersi dei gabbiani e le partenze dei catamarani...

Spensierati e sereni coccolati nell'animo e nello spirito festeggiavamo i nostri dieci anni di matrimonio.

Ogni tanto mi capita di pensare ai viaggi esotici oltreoceano alla ricerca di sapori nuovi e speziati da Bali ai Caraibi una rotta gourmande infinita lungo la quale ho imparato molto da culture diverse, affascinanti e lontane ma, quella vacanza in particolare mi educò in modo rapido al grande piacere di consumare un pasto all'aperto, il suono del mare, la natura a portata di vista, quell'aria frizzante che condiva le pietanze con il suo aroma dove c'era una continuità tra l'interno e l'esterno che mi rapiva. Ancora oggi trovo magico mangiare a contatto con l'aria, basta aprire la finestra con una tazza di caffè in mano per capirlo.

PANINI DEL MAR DEI CARAIBI CON POLPA D'ASTICE (prima versione)per un romantico pic-nic sulla spiaggia

Ingredienti per 2 persone:
2 panini morbidi al latte
250 gr. di polpa di astice cotta e sminuzzata
1 cucchiaio di maionese
insalata
burro
1 cucchiaio di aneto
sale e pepe e pepe rosa
la scorza di mezzo lime e il suo succo

Preparazione:

Mescola la polpa di astice insieme alla maionese aggiungi sale, pepe, la scorza del mezzo lime e precedentemente tagliato al coltello o con una mezzaluna l'aneto e riponi il tutto in frigorifero.

Stendi il burro sui lati interni dei panini e tostali.

Adagia l’insalata di astice conservata in frigo nel letto di insalata posta all’interno del pane e servi con una bella spruzzata di lime e una macinata di pepe rosa e non dimenticare due coppe di champagne Veuve Clicquot...

Lo champagne Veuve Clicquot, per la sottoscritta, è come il primo amore. Prima e dopo di lui sicuramente sono uscita con altri uomini interessanti, intelligenti, ironici e brillanti, ma lui resta indimenticabile ed unico per sempre!

Cosa serve per stupire gli amici davanti ad una partita di calcio?
Per me non ci sono dubbi: sandwich, ma devono essere super!


PANINI DEL MAR DEI CARAIBI CON POLPA D'ASTICE (seconda versione)per 8 panini Tempo di preparazione: 25 minuti

Ingredienti:

340 g polpa di aragosta fresca cotta
100 g maionese
250 gr. di gamberetti in salamoia
1 gambo e 1/2 sedano
1 cucchiaio capperi
1 cucchiaio e 1/2 aneto
un pizzico fior di sale
un pizzico di pepe nero
pepe rosa

Preparazione:

Taglia a dadini la polpa di aragosta.
Priva il sedano dei filamenti e poi taglialo a fettine sottilissime.
Scola i gamberi e strizzali sotto l'acqua corrente. Taglia al coltello o con una mezzaluna l'aneto.
Mescola l’aragosta, i gamberi, la maionese, il sedano, i capperi, l’aneto, il sale e una macinata di pepe fresco. Mescola lentamente con un cucchiaio per non rovinare la polpa di aragosta.
Apri a metà i panini e scaldali o grigliali all'esterno. Farciscili e servili immediatamente con una bella spruzzata di lime e una macinata di pepe rosa, patatine fritte e una buona birra ghiacciata.
Se non saranno mangiati subito, griglia anche leggermente l'interno dei panini. Così resteranno più fragranti.