giovedì 5 febbraio 2015

La notte scorsa...

La notte scorsa, ero ricoperta di sabbia tutta sporca di terra e sole, isolata dal resto del mondo e libera, stanotte sono pulita, in un letto dalle candide lenzuola, di nuovo nel mondo civile e prigioniera.

La notte scorsa, l'ultimo messaggio del sole al tramonto, scritto a caratteri d'oro, bruciava dentro di me e la volta stellata portava in cielo i miei pensieri e li rendeva liberi. Stanotte il sole è tramontato in silenzio senza brillare, senza oro, ed io, sono rimasta a fissare un infinito, contorno, roteante disegno sul soffitto della mia stanza.

Non sono più una principessa a cui massaggiano le mani e i piedi con olii essenziali e ambra profumata, la cui parola è legge, che condivide la semplice ospitalità di dignitosi e orgogliosi nomadi nei regni del deserto. Ora la mia parola è legge in proporzione alla capienza del mio borsellino, le mie mani e i miei piedi vengono baciati se in albergo alloggio a un piano alto. Non sono più in una terra in cui gli uomini e le donne sono giudicati dalle loro capacità di essere uomini e donne: è il costo del mio abbigliamento a conferirmi un rango. Non sono più fra persone alle quali dico quello che penso e con le quali sto zitta quando non ho niente da dire. Sono in un ambiente in cui dire quello che si pensa è un'offesa, in cui non si capisce il silenzio, che è mal visto come fosse un visitatore misterioso. Sono in un mondo dove meno si ha da dire più ci si sforza a dirlo, e più si ha da dire, maggiore è lo sforzo per tacere.

Ogni cosa sembra irreale e inutile, ogni cosa suona falsa...

E ancora più difficile, è rendermi conto che l'altro mondo esiste sempre, là fuori, lontano, e sarebbe piuttosto facile raggiungerlo: basterebbe salire su un aereo.

Guardo il mio vecchio cappotto logoro e mi assale un senso di rimorso al pensiero di essermene vergognata. Qui nel mezzo di questa confusa parvenza di realtà, esso mi parla di molti fatti reali.

Passo la mano lungo il tessuto...e i ricordi mi assalgono...

Come spesso non era riuscito a coprire i crudeli morsi della fame e il soddisfatto senso di sazietà; come aveva sentito i battiti del mio cuore risvegliati dalla paura, o accelerati da un moto d'allegria; come aveva conosciuto i lunghi sospiri di quieta gioia di fronte a un panorama sereno.
Questo strappo me lo feci su una roccia, il giorno che mi arrampicai in cima alle montagne nei dintorni di Chenini, e l'ho rammendato una sera tranquilla sulle rive di un oasi nel deserto. Ho perso questo bottone di  notte salendo le scale e le rampe che un tempo permettevano di issare i raccolti nelle celle di magazzinaggio, le ghorfas, e si è rotto quando un mio piccolo amico nomade mi spinse su per la roccia. Questa bruciatura è stata fatta invece da Albi, che lasciò cadere un tizzone ardente con il quale si stava accendendo la sigaretta nella tenda della nostra guida. 

Questo e altro mi racconta il mio cappotto...Non provo più vergogna.

Sono convinta che, se la gentile signora seduta davanti a me capisse tutto ciò, non mi vedrebbe più come una povera reietta, perché c'è qualcosa di molto onesto in questo mio cappotto.

Tento di ricordare che cosa volesse dire vivere nella civiltà, ma tutto quello che mi torna alla mente è come fosse stato difficile staccarmene. Mentre ero lì, non sapevo che cosa avrei potuto volere altrove. Ma, una volta lontana, ogni difficoltà era scomparsa; d'improvviso mi sembrò che tutto accadeva naturalmente. Non mi mancava nulla di quello che mi lasciai alle spalle. E siccome era stato difficile distaccarmene quando ancora ci vivevo, ora avevo delle difficoltà a tornarci. Questo era ancor più sconcertante, dal momento che la civiltà non era per me un mondo nuovo nel senso in cui lo era stato l'altro. Avevo passato molti lunghi anni in quel mondo eppure, ritornando, lo trovavo strano e incomprensibile.

Mi alzai da tavola...

Alberto mi raggiunse sulla porta e andammo a sederci su un lussuosissimo divano rosso.
I camerieri si precipitarono da noi con vassoi di caffè, tè, tisane e squisiti tramezzini e dolcetti.
Signore con vestiti e cappelli sgargianti si affrettavano fuori dal ristorante e uomini in abito da sera si riposavano e fumavano negli angoli del salone.

Alberto con circospezione accarezzò il divano: "È molto morbido, disse, ma la sabbia era meglio"...Un lungo e intenso sguardo silenzioso tra noi e tutto fu chiaro...
Era la volta di ripartire...